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Crespi d'Adda, sito Unesco dal 1995

Un luogo fuori dal tempo

In prossimità della frontiera liquida che delimita i territori, un tempo celti, poi romani, longobardi e viscontei, ora milanesi e orobici, proprio sulla punta meridionale estrema dell’Isola Bergamasca, precisamente sul tracciato ideale che li congiunge come una linea decisa tracciata dal bisturi di un esperto chirurgo, nelle vicinanze del punto esatto in cui la torbida Adda, dopo essersi ripiegata su se stessa, accoglie nei suoi rivoli le umorali acque del Brembo, sorge una piccola città dalle fragili architetture di sogno e di ingenua speranza che se ne sta lì, con un tasso impressionante di indifferenza per il contesto e la cultura che lo circondano.

Questo microcosmo è il villaggio industriale di Crespi d’Adda, una località fortemente introversa, dove il tempo sembra essersi dimenticato il suo ruolo di implacabile metronomo del mondo per avere, per una volta e di proprio insindacabile arbitrio, stabilito che una idea fattasi materia potesse conservarsi e mantenersi intatta per giungere fino a noi, e a noi sopravvivere, logorata ma comunque chiara, come un messaggio infilato dentro una bottiglia che ha attraversato l’oceano al solo fine di raccontarci la sua storia e da essa lasciarci trarre insegnamento.

Qui, spazio, tempo e architettura sono un tutt’uno. Si tratta di un luogo fuori dal tempo, di un marchingegno urbano in funzione come un meccanismo perfetto dove non ci si deve lasciare convincere dall’immediata impressione di trovarsi di fronte alla mediocre uniformità di un modello architettonico dalla razionale e impercettibile sincronia instancabilmente ripetuto, ma dove vi invito a cogliere il senso, l’idea ed il valore di quel progetto totale che investì questo territorio e di cui l’architettura doveva essere la via maestra della sua trasformazione.

Il villaggio industriale di Crespi d’Adda è una città dove bisogna orientarsi non con un libro o una mappa, ma con lo stesso camminare a piedi, con la vista, l’abitudine e l’esperienza. Quello che state per conoscere è molto di più di un esempio insigne della storia architettonica. Il villaggio industriale di Crespi d’Adda è un prodotto dell’opinione eccessivamente raffinata dell’Ottocento secondo cui le cose utili potevano e dovevano essere anche belle, e ciascuno aveva l’assoluto dovere di fare ogni cosa nel modo più elegante possibile. È un viaggio dentro una aspirazione industriale e alle origini di una utopia, in fondo ad una storia di macchine e di formiche, di ostinazione e di illusioni, di presunzione e di fatiche disumane. È il resoconto della testarda volontà di un uomo ricco, autoritario, ostinato a portare avanti i suoi sogni e di suo figlio che cercherà di realizzarli compiutamente. È la vicenda del luogo che doveva diventare, all’inizio di questa storia, nel 1876, un modello ideale ma che si è trasformato in una miraggio irraggiungibile, nel segno evidente di una decadenza prematura e ineluttabile. È l’appassionante cronaca dell’ascesa di un sogno e del declino di una ambizione.

Il riconoscimento Unesco

Nel gennaio del 1995, l’International Council for Monuments and Sites UNESCO inviò un suo esperto per valutare le caratteristiche del sito: il professore Louis Bergeron. Quest’ultimo, dopo esserne rimasto completamente affascinato, comunicò il suo parere favorevole, considerando Crespi d’Adda “di un valore assoluto nell’ambito dei siti di archeologia industriale”.

Il Comitato per il Patrimonio Mondiale UNESCO, nella riunione che si svolse a Berlino tra il 4 ed il 9 dicembre 1995, accolse, insieme a Napoli, Siena e Ferrara, il villaggio operaio di Crespi d’Adda nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO, undicesimo sito in Italia, terzo in Lombardia, quinto al mondo per l’archeologia industriale dichiarandolo “un esempio eccezionale del fenomeno dei villaggi operai, che vide la luce in Europa e nell’America del Nord tra il diciannovesimo ed il ventesimo secolo, espressione della filosofia predominante tra gli industriali illuminati nei riguardi dei loro operai”, premiando la sua integrità architettonica in grado di illustrare un periodo significativo della storia umana e la sua esemplarità eminente di insediamento umano rappresentativo di una cultura divenuto vulnerabile per l’impatto di cambiamenti sociali ed economici irreversibili.

Fu un successo veramente inaspettato ma che consentì di far conoscere al mondo un gioiello ambientale e architettonico ancora poco noto al pubblico.